Masochismo sociale – PODCAST n.26

Salve a tutti.
Oggi volevo raccontare una delle cose più disgustose e deprimenti che io abbia mai visto nella mia vita. Accaduta qui, nella città dive abito. Un quadro tristemente perfetto del masochismo sociale in cui annaspiamo.
Credo fosse l’estate del 2013. Una delle piazze venne addobbata a festa per ospitare il “ballo delle debuttanti”. Per chi non lo sapesse si tratta di una festa tradizionale che dovrebbe sancire l’ingresso in società delle ragazze. Si tratta di una cerimonia fastosa, ovviamente maschilista, sfarzosa, classista e militarista in quanto lo sfoggio del lusso è un must e la tradizione deriva direttamente dalle classi nobiliari europee, tenuta in vita oggi e celebrata da alcune accademie militari in occasione del termine dei corsi. In questo specifico caso però i ragazzi non erano militari, ma ballerini.
Così questa piazza è stata addobbata e divisa in settori: una parte per un’orchestra classica che avrebbe suonato dal vivo le canzoni da ballare, un’altra parte per una lussuosissima cena il cui ricavato sarebbe andato in beneficienza (perché si sa che lo sfarzo e il pensare ai bisognosi sono come il cacio sui maccheroni) e infine l’area per il ballo che avrebbe visto le ragazze vestite come bamboline di plastica girare in tondo assieme a dei ragazzini inchiodati come robot nei loro abiti scuri tutti uguali.
Ok fino qui niente di speciale, solo un vomitevole spettacolo borghese, sfarzoso, l’emblema dell’inutilità e lo sfoggio del nulla fatto passare per qualcosa da mostrare, succo dell’insensatezza della cosiddetta civiltà, ovvero di una società che chiama evoluzione un cacarsi addosso l’un l’altro in una disperazione senza fine mentre una stretta élite di persone si allaccia le scarpe lucidate.
Ma c’è stato di peggio. Come ogni vetrina che si rispetti ha appunto bisogno di un vetro, di qualcosa che separi la finzione dalla realtà: e infatti tutta questa zona di festeggiamenti era barricata dietro a delle sozze transenne da lavori in corso per separare il lussuoso sfoggio finto aristocratico dalla plebe che poteva solo appunto guardare ma non toccare.
E non è finita qui: non sarebbe stato un riassunto fedele della tragicomicità del mondo, se non avesse anche sottolineato il fulcro del problema e cioè non lo schifo che accadeva al di là di quelle transenne, ma piuttosto al di qua. Esattamente come nel mondo reale non sono i re a creare i sudditi, ma l’esatto opposto, al di qua delle transenne non c’erano persone schifate dallo stupro sociale in atto in quel momento, in una città che come molte altre sta morendo di economia mentre i giganti dell’economia (del marmo in questo caso) prosperano, una città il cui emblema sono saracinesche chiuse, scritte affittasi, rifiuti pericolosi sotterrati e montagne mangiate vive dalla ingorda macchina produttivista. No, al di qua delle transenne non c’erano persone arrabbiate, non c’erano persone che si facevano domande. C’erano persone dagli occhi sognanti, entusiaste dello spettacolino, non solo, alcuni addirittura vestiti di tutto punto, elegantissimi, come a cercare di fingere non ci fossero quelle sudicie sbarre di metallo a separarli dalla gente che conta e come se volessero mescolarsi a quell’élite che potevano solo guardare ma non toccare. Ecco la vera immagine che mi si è scolpita nella testa, un’immagine che avevo solo astratta fino a quel momento: una società ridotta ad imitare i propri aguzzini, un popolo che, non importa quanto martoriato, ma pronto a vendersi, ad agghindarsi a festa per fingere di essere come quelli che vi partecipano, cioè quelli che li hanno esclusi e che pasteggiano da migliaia di anni sui loro stessi cadaveri.
Sipario.