Radical chic, magliette rosse e… sticazzi.

Nella mia vita ho fatto un po’ di tutto. E molto niente. Molti fallimenti. Altre volte nemmeno ci ho provato.
Sono stato un precario, sono stato uno schiavetto pagato a voucher (all’epoca non si chiamavano così).
Per comprarmi alcune cose sono andato in giro con le scarpe bucate.
Sono un invalido civile, una specie di disabile (dico “specie” perché sulla carta lo sono ma per rispetto ad altri in situazioni infinitamente più invalidanti mi sento in obbligo di minimizzare). Molti problemi di salute accavallati uno sull’altro mi hanno colpito nei miei interessi più importanti nonché nella mia vita lavorativa.

Oggi per strada ho visto una bambina sui 2-3 anni, capelli lunghi, castani e mossi. L’avessi vista da sola avrei potuto scambiarla per una bambina italiana. Ma era coi genitori che rendevano palese la sua provenienza non italiana, probabilmente nordafricana.
La bambina rideva e correva. Giocava e scherzava col padre mentre altri del gruppo sedevano al bar della piazza.

Quindi nonostante il mio status sociale, nonostante io non abbia mai posseduto un Rolex, non beva Martini e tanto meno viva in un attico a New York, nonostante la maggior parte degli intellettuali di sinistra mi facciano schifo, nonostante non abbia mai votato PD, nonostante tutto questo nulla mi ha impedito di guardare quella bambina e immaginarmela a faccia in giù su una spiaggia, immaginarmi le sue risate diventare grida soppresse dal fragore delle onde, immaginarmi i suoi capelli, ora mossi dal vento mentre corre, fluttuare spenti in balia delle correnti.

Strano vero? Basta essere umani per capire certe tragedie ed esserne rivoltati. Ma per ignorarle invece serve tanto lavoro. Serve un lavoro profondo e criminale per arrivare persino a scherzarci su, a trasformare tutto in una lotta ideologica, arrivando ad usare etichette idiote e insensate come “buonista” o “radical chic” per archiviare e spegnere un semplice e ancestrale “sentire” solo perché troppo scomodo.
Rassegnatevi. Non lo spegnerete mai.

Ah, a proposito, vi svelo un segreto che capisco sia un po’ difficile da capire e serve qualcuno che rompa il silenzio.
C’è un motivo per cui, davanti al simbolo della maglietta rossa per i migranti morti, è solo una gran paraculata senza senso tirare fuori il paragone con una maglietta azzurra per le pensioni basse, per i disoccupati, per i terremotati o altro. E ve lo dice uno che la maglietta rossa NON se l‘è messa.

Siete pronti a sapere questo segreto? Eccolo:i l motivo è che…
…nessuno dice ai pensionati che questa pacchia deve finire e quindi sticazzi i pensionati.
…nessuno dice ai disoccupati che stanno tutti con il telefono in mano e non hanno bisogno quindi sticazzi i disoccupati.
…nessuno dice ai terremotati che c’è un business sulle ricostruzioni e quindi sticazzi i terremotati.
…nessuno dice ai malati che ci stanno invadendo e quindi sticazzi i malati.
…nessuno dice ai precari che non è colpa nostra se sono precari e quindi sticazzi i precari.
…nessuno dice ai poveri che ci sono problemi ben più gravi come le pensioni e la disoccupazione da affrontare e quindi sticazzi i poveri.

Anzi, per tutte queste categorie sfortunate c’è pieno di gente che si preoccupa o finge ipocritamente di preoccuparsene.
Ma solo quando si tirano fuori i migranti l’ipocrisia di alcuni si aggiunge alla lista di scuse per dire “sticazzi” i migranti.
La maglietta rossa sarebbe servita proprio a questo: non perché #primaimigranti, ma perché i migranti sono l’unica categoria per cui si può dire sticazzi e passare pure per patrioti.