TrueSpot: L’Europa è dentro di te

Video e ricerca dati a cura di Chiara Lyn e Mason Massy James.

 

La propaganda europeista, che dagli anni novanta costruisce a tavolino una “realtà alternativa” per i popoli europei, ha dato incarico alle tv nazionali e ai giornali di diffondere messaggi rassicuranti sul “mercato unico europeo” e sulle nuove misure finanziare in serbo per i governi già in dissesto economico. Questo spot, al quale abbiamo cercato di togliere la “patinata copertina” rasserenante, è un indicatore come tanti delle menzogne che ci vengono abitualmente raccontate sugli effetti delle politiche di austerity e sulle conseguenze dei Trattati Europei sulla pelle dei cittadini.

L’Euro, moneta nata per fallire e dar spazio alla moneta unica mondiale, probabilmente completamente elettronica (il che assicurerà di fatto un costante, totalizzante, efficace controllo su ogni manovra economica dei cittadini) è uno strumento di governo, più che uno strumento di scambio e il TTIP, ultimo trattato di cui si discute sempre in sordina e sempre solo tra i pochi cittadini attenti a ciò che accade a Bruxelles, sarà con ovvia ragione il colpo di maglietto definitivo, decreterà infatti la fine di ogni possibilità di sopravvivenza per il tessuto delle PMI italiane ancora in piedi e di quello di altri Stati del Sud Europa.

Di seguito pubblichiamo una serie di dati raccolti per darvi una carrellata di ampio respiro sulla situazione occupazionale e lavorativa dall’avvento dell’Euro ad oggi.

CLR E MMJ


 

Il vocabolo crisi indica oggi il momento in cui medici, diplomatici, banchieri e tecnici sociali di vario genere prendono il sopravvento e vengono sospese le libertà. Come i malati, i paesi diventano casi critici. Crisi, la parola greca che in tutte le lingue moderne ha voluto dire «scelta» o «punto di svolta», ora sta a significare: «Guidatore, dacci dentro!».
Ivan Illich


Nel 1992 viene apposta la firma sul Trattato di Maastricht e […]la rinuncia alla sovranità monetaria fu presentata come la via per la purificazione dai mali endemici delle corruttele che affliggevano l’Italia, fino a scomodare la genetica comportamentale per giustificare quel carattere che secondo i retori dell’europeismo, apparteneva al dna della popolazione italiana.
I governi che si sono succeduti da allora, non hanno mai avuto la capacità di decidere in proprio perché limitati da accordi sovranazionali, che sono assurti al rango di tavole della legge e dettano un’agenda già scritta e redatta nelle sue parti principali. Resta pochissimo margine, e quegli esecutivi che hanno provato a respingere questa pressione sono saltati, perché l’apparato che sta sopra gli Stati aveva deciso così.

Qualcuno aveva previsto tutto questo, e cosa sarebbe diventata l’Europa della moneta unica molti anni fa, ben prima che l’Italia facesse il suo ingresso in essa.
La porta della sovranità nazionale era ormai spalancata a quei poteri finanziari che misero in atto quelle speculazioni finanziarie sulla lira, mai finite sotto la lente della magistratura.

http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=13105

Il modello economico di riferimento su cui è stato costruito l’euro, ponendo come unico dogma la stabilità dei prezzi e il rigore dei conti come presupposto per la crescita stessa, si è ben presto rivelato di fatto un metodo esclusivo di governo sovranazionale, travalicando e surrogando quelli democraticamente previsti e legittimati dal suffragio universale. E’ stato violato lo stesso concetto di democrazia, estraniando non solo i rispettivi Parlamenti e Governi nazionali da qualsiasi potere decisionale, ma interrompendo quell’essenziale legame imprescindibile e non negoziabile che lega i cittadini alle Istituzioni democraticamente elette. In questo momento, per come si sta utilizzando la democrazia, siamo subendo la più subdola delle dittature! Si, siamo in piena dittatura economica.

Le rispettive economie nazionali non hanno più potuto mettere in atto politiche economiche perfettamente tarate per le proprie caratteristiche ed esigenze di crescita e tutto è stato demandato ad un sistema oligarchico autoreferenziale che ha utilizzato i propri poteri a scapito del bene comune. Sono stati attivati dei “piloti automatici” per il sostentamento della costruzione monetaria esclusivamente al fine di salvaguardare il sistema finanziario e non certo a vantaggio del sistema delle imprese e delle famiglie.

L’attuale dissennata conduzione per il sostentamento e la sopravvivenza stessa dell’area valutaria comune, porterà inevitabilmente al disastro e l’unica via d’uscita possibile è nel ridisegnare profondamente questa impostazione poiché in palese contrasto con qualsiasi elementare principio economico di crescita nella stragrande maggioranza dei paesi membri, anche a costo di ritornare ciascuno sui propri passi verso l’autonoma Sovranità monetaria perduta.

Il ricorso esasperato all’austerity ha determinato un continuo e devastante effetto moltiplicatore della crisi non percepito né dai suoi più accaniti sostenitori né paradossalmente dagli ormai tanti critici, in quanto l’austerity stessa è semplicemente l’applicazione tecnica del modello economico posto a sostegno della moneta unica. Il rigore dei conti non è altro che l’unico modo per supportare l’euro, avendo i Trattati e regolamenti comunitari privato i propri membri degli strumenti base per la gestione dei fabbisogni finanziari degli Stati. In ultima analisi gli ideatori di Maastricht hanno considerato a tutti gli effetti, per mezzo del ricorso fiscale, i cittadini e il sistema delle imprese i veri ed unici prestatori di ultima istanza, non contemplando una Banca Centrale con tale funzione. Pertanto l’euro non è sostenibile senza il ricorso all’austerità e qualsiasi modifica ai Trattati non porterebbe a nessun miglioramento.

[…]

L’euro ha permesso che i problemi nazionali diventassero definitivamente cronici e che nessuna terapia fosse ormai più idonea, ad iniziare dall’esplosione dei debiti pubblici e privati, ormai monchi dei mezzi di gestione classici di politica economica a disposizione di qualsiasi Stato Sovrano.

http://formiche.net/2014/07/11/vi-spiego-perche-lausterita-flessibile-corbelleria/

LE IMPRESE

A giugno 2014 più del 40 per cento delle attività aperte nel 2010 ha chiuso e bruciato investimenti per 2,7 miliardi di euro.

104 mila aziende hanno chiuso i battenti nell’ultimo anno (2014) tra fallimenti, procedure concorsuali non fallimentari e liquidazioni volontarie.

http://www.panorama.it/economia/aziende/aziende-chiuse-italia-numeri/

http://www.wallstreetitalia.com/article/1613489/crisi-sistemica/la-verita-sull-economia-italiana-tutti-i-dati-che-non-potete-non-sapere.aspx

Nei primi sei mesi del 2015 sono già 121 le persone che si sono tolte la vita per motivi economici. Secondo la Link Campus University di Roma è il dato peggiore dal 2012. Si registrano quasi il doppio dei suicidi rispetto a tre anni fa, con un’escalation soprattutto nel Mezzogiorno e nel Nord-est. Dopo l’aumento esponenziale dei casi tra i disoccupati nel 2014, quest’anno tornano a crescere i suicidi tra gli imprenditori e si abbassa l’età media.

http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/italia-semestre-nero-per-i-suicidi-dovuti-alla-crisi-121-i-casi_2124255-201502a.shtml

LA DISOCCUPAZIONE

Dopo essersi mantenuta tra il 17 ed il 18% nella prima metà del decennio, era scesa fino al 15,3% nel 2007, per schizzare poi al 19,6% nel 2009 in seguito alla crisi economica. Da allora la crescita della disoccupazione giovanile è continuata fino a raggiungere il 23,1% nel dicembre 2013 e ripiegare al 21,4% a fine 2014. Il dato più elevato è quello spagnolo (51,4%), poco sopra quello greco (50,6%). Valori superiori al 40% si registrano anche in Croazia e Italia.

https://it.wikipedia.org/wiki/Disoccupazione_nell’Unione_europea

Nel Sud dell’area euro, la disoccupazione giovanile non solo è aumentata, ma è diventata più persistente. La percentuale di coloro che sono stati disoccupati per più di un anno è cresciuta molto nel corso della crisi e tutta la distribuzione nel Sud dell’Eurozona si è spostata su periodi di disoccupazione più lunghi. Se nel 2007 i disoccupati per più di un anno erano il 25 per cento del totale, nel 2013 avevano raggiunto il 45 per cento. La percentuale di giovani disoccupati per periodi più brevi (in particolare per meno di un mese o per uno-tre mesi) si è invece drasticamente ridotta.

Questo è particolarmente preoccupante perché i lavoratori che perdono il loro lavoro durante una recessione possono rimanere disoccupati tanto a lungo che le loro skills diventano obsolete.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/02/disoccupazione-non-uneurozona-per-giovani/1310778/

Preoccupante anche il “forte aumento” dei Neet, i giovani che non sono impegnati in un percorso di istruzione o formazione, non hanno un impiego né lo cercano. In Italia questa condizione riguarda “più di una persona su 4 di età uguale o inferiore ai 29 anni”, rileva l’Ocse. Questo, insieme al fatto che la disoccupazione giovanile che “è rimasta a livelli molto elevati in alcuni Paesi dell’Ocse”, fa temere “che le prospettive lavorative di molti giovani usciti da poco dal sistema scolastico siano compromesse in modo permanente”. In questo quadro, la Penisola continua a spendere troppo poco per le politiche attive del lavoro: solo lo 0,41% del Pil, “parecchio sotto alla media Ocse (0,53%) e a quella di molti Paesi dell’Europa continentale”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/09/disoccupazione-giovanile-ocse-in-italia-e-a-livelli-inquietanti-e-troppi-neet/1858688/

Le conseguenze della crisi – in particolare per la disoccupazione – sulla salute sono state trattate in più di un’occasione da vari articoli apparsi sulla stampa e nelle riviste specializzate. Più specificamente si è parlato degli effetti negativi della disoccupazione sulla salute mentale, di cui ci sono sempre maggiori prove.

Tra gli altri, questi indicatori sono: l’aumento delle visite mediche relazionate a problemi di ansia, un elevato numero di casi di depressione, lìaumento dell’alcolismo e della dipendenza dalle droghe, un incremento di casi di violenza, aumento di consumo di farmaci antidepressivi e ansiolitici, eccetera. Esiste una correlazione diretta tra la crisi economica, la disoccupazione e il peggioramento della salute mentale.

Un dato: la media delle persone con problemi psicologici tra i disoccupati è del 34 per cento, mentre tra le persone che hanno un impiego è del 16 per cento. Un’altra constatazione è che quanto maggiore è la durata del periodo di disoccupazione, tanto maggiori le conseguenze negative sulla salute mentale.

http://www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=News&file=article&sid=9587

Il Laboratorio di Ricerca Socio-Economica dell’Università degli Studi Link Campus University, che da oltre tre anni studia il fenomeno, ha rilevato che con la crisi economica negli ultimi 3 anni i suicidi sono più che raddoppiati. Nel 2014 sono state complessivamente 201 le persone che si sono tolte la vita per motivazioni economiche, rispetto ai 149 casi registrati nel 2013 e agli 89 del 2012. Sale quindi a 439 il numero complessivo dei suicidi per motivi legati alla crisi economica registrati in Italia nel triennio 2012-2014. Il 45% sono imprenditori ed il 42% disoccupati. Il picco massimo è stato raggiunto nel 2° trimestre del 2014 proprio mentre il governo indicava segnali di miglioramento dell’economia.

http://www.iltempo.it/cronache/2015/04/09/la-crisi-raddoppia-i-suicidi-la-meta-sono-imprenditori-1.1401861