Mettiamo il caso…



Mettiamo il caso un assassino cerchi di uccidermi: mi corre incontro con una pistola. La punta verso di me e, prima di premere il grilletto, qualcuno lo ferma uccidendolo. Vedo il corpo di colui che stava per uccidermi cadere a terra con un foro di proiettile in fronte mentre il suo sangue si allarga denso sul pavimento.

Ecco, in un caso simile io potrei anche essere felice di avere salva la vita. Sarebbe normale.
Ma non proverei certo felicità per quello che ho visto, né per la morte della persona che voleva uccidermi. Non mi verrebbe da dire “-1”, né di fare un meme con il tizio con il foro di proiettile in fronte. Tantomeno mi verrebbe da filmarmi mentre faccio un balletto di festa su TikTok.

Se questo invece avviene e non per aver ucciso un assassino ma per l’uccisione di un oppositore politico, per quanto possano essere considerate pericolose le sue idee, allora c’è qualcosa di profondamente marcio.

Perché è evidente che non è questione di libertà, di coinvolgimento politico, di visioni della società, di difendere gli oppressi, di considerare la pericolosità delle idee, ma di altro. Più precisamente del risultato della società dello spettacolo, della privazione del contesto internettiana, della degradazione post-capitalista della società che hanno completamente svuotato di senso ogni opinione e al contempo ne hanno cristallizzato le forme in schemi tribali preconfezionati, utili al potere costituito.

Coloro che difendono o minimizzano questo approccio, questa mancanza di empatia, vendendola come fosse una posizione politica, come se fosse resistenza partigiana, dovrebbero scendere dal piedistallo e mettere via il mantello: non si tratta di eroi duri e puri ma una parodia. Una parodia dissociata dall’umanità, dalle conseguenze sociali rispetto a quello che si pensa e si fa, rispetto al mondo stesso. La stessa dissociazione deresposabilizzante che alimenta il potere dominante.
Meme viventi che ci ricordano quanto tutto stia diventando una ridicola distopia, per me tanto pericolosi quanto le follie di un conservatore americano come Kirk.
Mettiamo il caso un assassino cerchi di uccidermi: mi corre incontro con una pistola. La punta verso di me e, prima di premere il grilletto, qualcuno lo ferma uccidendolo. Vedo il corpo di colui che stava per uccidermi cadere a terra con un foro di proiettile in fronte mentre il suo sangue si allarga denso sul pavimento.

Ecco, in un caso simile io potrei anche essere felice di avere salva la vita. Sarebbe normale.
Ma non proverei certo felicità per quello che ho visto, né per la morte della persona che voleva uccidermi. Non mi verrebbe da dire “-1”, né di fare un meme con il tizio con il foro di proiettile in fronte. Tantomeno mi verrebbe da filmarmi mentre faccio un balletto di festa su TikTok.

Se questo invece avviene e non per aver ucciso un assassino ma per l’uccisione di un oppositore politico, per quanto possano essere considerate pericolose le sue idee, allora c’è qualcosa di profondamente marcio.

Perché è evidente che non è questione di libertà, di coinvolgimento politico, di visioni della società, di difendere gli oppressi, di considerare la pericolosità delle idee, ma di altro. Più precisamente del risultato della società dello spettacolo, della privazione del contesto internettiana, della degradazione post-capitalista della società che hanno completamente svuotato di senso ogni opinione e al contempo ne hanno cristallizzato le forme in schemi tribali preconfezionati, utili al potere costituito.

Coloro che difendono o minimizzano questo approccio, questa mancanza di empatia, vendendola come fosse una posizione politica, come se fosse resistenza partigiana, dovrebbero scendere dal piedistallo e mettere via il mantello: non si tratta di eroi duri e puri ma una parodia. Una parodia dissociata dall’umanità, dalle conseguenze sociali rispetto a quello che si pensa e si fa, rispetto al mondo stesso. La stessa dissociazione deresposabilizzante che alimenta il potere dominante.
Meme viventi che ci ricordano quanto tutto stia diventando un film distopico ma diretto da Mel Brooks, per me tanto pericolosi quanto le follie di un conservatore americano come Kirk.