Io non sono un tipo che produce, Mario.
Ancora un Mario… sembra quasi un ricorso storico, un decennale promemoria che si presenta con lo stesso, insopportabile tono da maestro severo che ci spiega il mondo dalla cattedra di qualche forum d’élite. Una decina d’anni fa anni fa era Mario Monti a insegnarci che il posto fisso era monotono e dovevamo “abituarci” alla precarietà.
Tu, oggi, rilanciando la palla, hai trovato la nuova parolina magica: produttività.
Siete fantastici voi… voi… ah sì, economisti. Come i politici tirate fuori dal cilindro delle paroline e le usate come se nessuno le avesse mai sentite prima. Una barzelletta vecchia che continua a far ridere solo perché la gente ha la memoria troppo corta… ecco perché ci serve un memento!
Quindi, secondo te, il segreto di quello che tu definisci “miracolo americano” sta lì, nella produttività, ed è un segreto che noi italiani, sbadati e indolenti, ignoriamo, condannati a un’economia senza slancio.
Devo farti i complimenti, Mario. Sei riuscito a superare in faccia tosta l’altro Mario.
Proprio tu hai recentemente confessato (con una tranquillità disarmante) che le manovre di lacrime e sangue – l’austerità, le privatizzazioni, la compressione della domanda interna – non furono una sfortunata fatalità, ma una scelta precisa. Una precisa e cinica scelta per tenere gli stipendi italiani bassi, per renderci appetibili, per “ingolosire investitori” mentre il Paese veniva svenduto e si impoveriva. Ovviamente all’epoca tutto questo non ci era stato venduto come l’opinione di qualche economista, ma come una strada inevitabile per scongiurare il disastro.
E adesso, dopo l’ammissione di aver deliberatamente tolto benzina dal motore dell’economia italiana, torni a lamentarti che il motore non “produce” abbastanza? È un’argomentazione che rasenta l’insulto all’intelligenza di chiunque ricordi gli ultimi quindici anni. Se anestetizzi un paziente, non puoi sorprenderti per il fatto che non corre una maratona. Se comprimi i salari, crei un sistema economico incerto, dove la gente non ha sicurezze sul futuro (del resto, che monotonia la sicurezza del futuro), la domanda si contrae, e se la domanda si contrae, non ci si aspetta uno stato che produca molto. La produttività è la conseguenza di investimenti, salari dignitosi e fiducia nel futuro. Tutte cose che tu e il tuo circolo avete scientemente fatto a pezzi per la vostra agenda.
Ma il paradosso raggiunge l’apice quando ci metti a confronto con il presunto “miracolo economico americano”. La verità, Mario, è che quella che tu chiami produttività americana non è un’economia sana che funziona dal basso: è il trionfo di un pugno di mega-corporation in un regime corporativista e oligarchico.
Non stiamo parlando di una diffusione capillare di benessere, ma dell’oligarchia dei super-ricchi che tu scambi per un’economia funzionante.
E non si tratta di una oligarchia fatta da aziende qualunque, sono mostri che ci stanno accompagnando nell’era della dittatura digitale, dove il vero potere non è più nei governi, ma in queste big tech che raccolgono dati, tracciano comportamenti e influenzano ogni aspetto della nostra vita. Piattaforme che, come dimostrato dallo scandalo Cambridge Analytica, hanno già usato i nostri dati per manipolare gli esiti elettorali e destabilizzare le società. Questi colossi generano numeri spaventosi e ricchezze inaudite, certo, ma questa non è la prosperità di una nazione. È la dimostrazione che un’economia può sembrare estremamente “produttiva” quando in realtà lo è solo per una manciata di persone, mentre queste distruggono il tessuto sociale, comprimono la concorrenza e svuotano la democrazia.
Stiamo parlando di un paese in cui una recente affermazione di Trump sui dazi alla Cina, fatta sul suo social network Truth, ha causato un crollo dei mercati finanziari peggiore di quello visto durante il periodo Covid, soprattutto criptovalute: sono stati liquidati 20 miliardi di dollari in mezz’ora. E Trump è uno dei maggiori detentori di Bitcoin al mondo. Quindi parliamo di un sistema in cui uno dei maggiori detentori di un valore può dire qualcosa che farà crollare o schizzare alle stelle quel valore. Una volta si chiamava insider trading, oggi è la normalità visto che il potere ha copulato con se stesso creando degli ibridi immondi che hanno interessi ovunque e il conflitto di interessi è una garanzia, non un sospetto.
Durante il periodo Covid, spinto dall’ottimismo sulle vendite online durante la pandemia, il mercato ha fatto aumentare dell’8% le azioni di Amazon e così il patrimonio netto di Jeff Bezos è aumentato di circa 13 miliardi di dollari, in un solo giorno. 13 miliardi in un giorno. 13 miliardi di cosa? Cos’è? Produttività? Sono soldi veri? Sono cose vere?
E che cosa dobbiamo produrre? Un settore molto produttivo negli USA è il complesso industriale militare. Cioè, aziende che si arricchiscono costruendo sistemi per uccidere, per sorvegliare, per imporre un dominio culturale ed economico globale cha plasma il colonialismo del ventunesimo secolo. Tutto questo poi ci viene venduto come esempio di successo economico da personaggi come te, non diversamente da qualcuno che nel ‘600 poteva tessere le lodi del successo economico dell’Inghilterra ottenuto da invasioni coloniali, guerre e schiavismo.
Senza contare che ormai l’intera idea di “mercato” è falsa dato che 3 soli fondi di investimento (Blackrock, Vanguard e State Street) possiedono le fette azionarie di maggioranza delle più grandi aziende al mondo. Tra liquidità, azioni e obbligazioni, questi fondi detengono la spaventosa cifra di 20 mila miliardi di dollari. In pratica 10 volte l’intero PIL italiano. Le masse finanziarie gestite da queste entità sono in grado di influenzare qualsiasi ramo della costellazione bancaria e assicurativa mondiale.
Microsoft o Apple; Lockheed Martin o Boeing; Coca Cola o Pepsi; Visa o Mastercard; Pfizer o Jonson&Jonson… Tutte aziende solo apparentemente in competizione tra loro, mentre i maggiori azionisti sono sempre gli stessi tre fondi di investimento.
Le aziende sono solo delle marionette con cui la finanziaria può speculare alla luce del sole giocando con la politica e le nostre vite.
Ma a prescindere da tutto questo, oggi se un milionario investe la sua ricchezza in obbligazioni e sta a casa a scrollare TikTok è finanziariamente più produttivo di un metalmeccanico che si spacca il culo per 1300 euro al mese.
Quindi, di che produttività parli, Mario? Tu sei l’esempio vivente che questo sistema è finto e fallato sin dalle sue radici.
Ma anche fingendo di non vedere tutto questo, mi chiedo come si possa ancora avere fede in termini come produttività, PIL, finanza… Tu più di chiunque altro rappresenti la facciata decadente e orripilante di un circo degli orrori, questa megamacchina che si sta mangiando il nostro tempo, le nostre vite, la nostra terra. E non vi basta mai… Voi siete solo degli scienziati pazzi che misurano valori a caso su una nave che sta affondando e avete costruito una mitologia su questi numeri che serve come una bibbia. Noi dobbiamo avere fede nei vostri calcoli mentre ci sporchiamo di carbone e fuliggine a sgobbare nelle sale macchina, e mentre voi vi assicurate i posti in prima classe su questo gigantesco Titanic.
E qui torniamo al punto di partenza: tu. Tu, l’uomo che ha plasmato queste politiche. Tu, l’ex dirigente di Goldman Sachs, l’ex capo della Banca Centrale Europea, l’uomo che appartiene alla stessa fitta rete di think tank, banche e corporations di cui faceva parte Monti. L’uomo che ha applicato, con fervore, un programma di austerità, vendendolo come l’unica soluzione, per poi ammettere candidamente che si è trattato di una “scelta” sbagliata.
Mi ricordo di te quando, come presidente della BCE, dicevi che non c’era un piano B, e i governi che non volevano fare le riforme dovevano andare a casa. Decidevi tu, non gli elettori?
Ricordo la lettera segr… confidenziale, scritta a quattro mani con l’allora governatore della BCE Trichet mentre tu eri Governatore della Banca d’Italia. Era l’agosto 2011. Con quella lettera imponevate al governo italiano alcune riforme altrimenti la BCE non avrebbe più acquistato i titolo di stato italiani e questo avrebbe significato il default, del resto per tutta l’estate del 2011 avevate praticamente smesso di comprare titoli facendo alzare lo spread e generando le condizioni affinché lo stato italiano fosse obbligato a fare le riforme. In pratica, una lettera minatoria che rappresentò un’ingerenza senza precedenti (e che poi divenne la norma) e che l’allora ministro Tremonti ha definito senza mezzi termini “golpe”.
Sia chiaro, per me anche un governo “regolarmente eletto” non rappresenta comunque il popolo: sono guarito da questa cieca ingenuità da parecchio tempo. Ma il fatto che dei banchieri scrivessero le leggi di un governo avrebbe dovuto scandalizzare chiunque a prescindere da qualunque opinione politica.
Con questa lettera avete obbligato l’Italia ad aumentare austerità, privatizzazioni e tagli alla spesa, manovre economiche messe in campo all’epoca con un decreto-legge a nemmeno un mese di distanza e che tutti i governi successivi hanno seguito alla lettera, le stesse manovre che poi hai ammesso essere state un buco nell’acqua.
Ricordo anche quando Cossiga ti definì un vile affarista e liquidatore perché eri tu il direttore generale del Ministero del Tesoro negli anni ‘90 in Italia, cioè quando sono cominciate le privatizzazioni delle industrie di stato. Questo ovviamente dopo l’incontro sul Britannia.
Ricordo quando, da presidente del Consiglio, nel 2022 assicuravi che “Le sanzioni stanno avendo un effetto dirompente sulla Russia”. Hai brillato anche come stratega geopolitico.
Tu sei colui che ha coniato gli slogan più ridicoli mai sentiti in 80 anni di repubblica.
“Se non ti vaccini, ti ammali, muori”
“Volete il condizionatore acceso o la pace?”
Due affermazioni populiste che nemmeno il più cheap dei politici si è mai sognato di pronunciare, abbassando la qualità del dibattito come nemmeno Berlusconi o Renzi avevano saputo fare. Ma nessuno si azzardava a dirlo, anzi, tu eri il governo di alto profilo.
Una persona con queste referenze, che ha contribuito a mettere in ginocchio un Paese con politiche che lui stesso oggi definisce un errore (pur non assumendosene la responsabilità politica o etica), dovrebbe avere la decenza di non salire più su nessun palco. Dovrebbe provare vergogna a pronunciare la parola “produttività” di fronte a milioni di giovani precari, lavoratori con salari da fame che tu hai contribuito a creare, e uno stato completamente spolpato dalla finanza globale. E invece, eccoti qui, applaudito, pronto a rilanciare l’ennesima narrazione fallace che corrobori la tesi di chissà quale lobby rincorrendo un’idea di economia e di paese che è una distopia agghiacciante.
No, caro Mario. Io non mi abituo, e soprattutto io non produco, perché non ci credo, perché ho compreso il gioco. Il tuo richiamo alla produttività non è un invito a un lavoro onesto, etico, che serva alle persone: è l’ennesimo e disperato tentativo di spostare la colpa dalle scelte politiche – le vostre – a difetti caratteriali – i nostri. L’ennesimo tentativo di uno scarso illusionista di dare ancora credito al triste spettacolo dell’economia.
L’unica produzione che davvero ci serve è quella del pensiero critico e del rifiuto di dare credito a visioni distorte, produttiviste e schiaviste che ci vogliono rinchiudere in una immensa ruota per criceti che alimenta il motore di questo ridicolo Titanic.