Da oppressori ad antispecisti



Chi è un antispecista? È qualcuno che ha realizzato di vivere in una cultura che silenziosamente, nella banalità della quotidianità assunta come normalità, lo faceva partecipare attivamente a una delle più grandi discriminazioni mai esistite: la tortura, sfruttamento e sterminio ingiustificato di miliardi di esseri viventi.

È qualcuno che si è reso conto di appartenere a una parte di esseri viventi privilegiati che dominava il resto del vivente e, da quel momento, ha scelto di non volere più quel privilegio cercando di non esserne più complice di quel sistema, non solo, si attiva perché anche altri capiscano quello che ha capito lui, perché ci si batta al fine di smantellare l’oppressione sistematica delle altre specie, avendo compreso appieno l’ingiustizia che subiscono queste creature. Infatti, sebbene lui sia un umano e non abbia mai fatto parte delle specie abusate dall’essere umano, è pronto a mettere da parte il privilegio umano in cui è nato e mettere in campo strategie perché questo privilegio abbia termine globalmente.

Ecco, nonostante questo, esistono antispecisti che riguardo altre discriminazioni sostengono che, se non fai parte della categoria degli oppressi da quella discriminazione, non devi avere opinioni perché non hai esperienza, competenza, anzi, devi stare zitto. Sostengono che chi non fa parte degli oppressi è automaticamente un nemico e che chi ha il privilegio non lo metterà mai da parte.
Bene, se così fosse, semplicemente, non esisterebbe l’antispecismo. Ogni antispecista è la prova che questo modo di vedere le cose è miope, sbagliato, è la negazione fattuale di come realmente vanno le cose, è la visione puerile della realtà che deve essere sempre facilmente, religiosamente, divisa in noi-loro, cattivi-buoni.
Certo, basterebbe del banale buonsenso per comprendere che una categoria di persone non può avere torto o ragione a prescindere in base a quale categoria appartiene, che il subire una discriminazione non ti dà nessun patentino di ragionevolezza e lungimiranza sul come farla finire e viceversa, che lo sforzo e le opinioni valide e sincere servono a prescindere da dove provengano, che le persone possono e devono cambiare idea anche se appartengono a una classe privilegiata. Certo, basterebbe il buonsenso, ma l’antispecista ha anche una prova di tutto questo quando si guarda allo specchio.
Mi domando quanta consapevolezza ci sia in un antispecista che non è in grado nemmeno di comprendere i meccanismi alla base del SUO percorso, quando cerca di analizzare i meccanismi di cose che succedono fuori e lontano da sé. E la risposta mi fa molta paura.