Internet è un luogo sempre meno reale



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Internet è un luogo sempre meno reale.
 
A farla da padroni sono pubblicità di oggetti fasulli, metriche e visualizzazioni gonfiate, influencer virtuali…
Esistono luoghi chiamati “click farm”, veri e propri allevamenti di click generati da computer o persone pagate per gonfiare artificialmente il traffico su siti web e social. Lo scopo è quello di ingannare inserzionisti e aziende, illudendole di avere un pubblico più ampio di quanto sia in realtà.
Visualizzazioni, follower, like… spesso sono numeri fittizi che servono solo a creare un’immagine distorta della realtà.
 
Si stima che il traffico fasullo sia il 40% del totale. 40%. Un dato paradossale che ha fatto persino preoccupare gli sviluppatori di YouTube: una quota di traffico fasullo così alto può portare il sistema, adibito al suo controllo, a quella che viene chiamata “inversione”, cioè, arrivare a ritenere falso il traffico generato da utenti veri e viceversa.
 
Insomma, internet è una colossale facciata digitale dietro la quale, molto ben celati, esistono mastodontici colossi hardware fatti di capannoni, server, chip, cavi, satelliti, miniere… ed il tutto per sostenere in gran parte un traffico fasullo, che esiste solo per sé stesso, un luogo dove la linea tra vero e falso si assottiglia sempre di più. Un po’ come fa l’economia che crea meccanismi sulla finta premessa di funzionare per gestire le risorse a disposizione e poi finisce per obbligarci ad usare le risorse per far funzionare sé stessa secondo i propri meccanismi che non hanno più nulla a che fare con la realtà.
 
Non solo, il traffico decide il trend, il trend decide di cosa si parla, ovunque, e più si parla di quel trend, più il trend diventa virale, in una sorta di camera dell’eco mondiale che si autoalimenta uniformando pensiero, cultura e azioni della società.
La parte forse più triste di tutto questo è la non banale osservazione che la situazione descritta non è qualcosa che ci è imposto dall’alto, da una forza d’invasione o da un governo dittatoriale. No. Noi costruiamo tutto questo con le nostre mani, partendo da chi si piega a passare ore a cliccare video e generare traffico fasullo per sbarcare il lunario, a chi è costretto a scavare nelle miniere perché ha un fucile puntato, fino a chi usa semplicemente questi strumenti perché ormai parte integrante della nostra esistenza fatta ormai di finzioni dentro finzioni, anche fuori dal web.
 
Possiamo considerare internet come una tragica evoluzione della società dello spettacolo descritta da Guy Debord, dove l’immagine e l’illusione hanno preso il sopravvento sulla realtà in una inversione di ruoli, con l’aggravante che questa finzione ci è sempre tremendamente più vicina e intima, visto che su questa noi gettiamo le nostre vite e la nostra religiosa attenzione.