TrueSpot: AssPhone, disconnessi dalla realtà

Video e ricerca dati a cura di Chiara Lyn e Mason Massy James.

[…]Esiste un prezzo che paghiamo tutti i giorni per mantenere in auge la civiltà e consentirle di diffondersi: è sull’entità di questo prezzo che dovrebbe giocarsi la partita della nostra disponibilità ad ammetterla. 
Un esempio banale per  tutti. Ognuno di noi è in grado di giudicare il telefono cellulare come un oggetto molto utile. E indubbiamente lo è. Ma a quale costo? Basta non pensare al danno che provoca alla nostra salute per le onde nocive che propaga (su chi lo usa, su chi non lo usa, e persino quando è in stand-by). Basta non pensare al danno che impone all’ambiente: costellando i paesaggi della Terra di ripetitori ovunque; incentivando la produzione massiccia di quei materiali iperinquinanti che lo compongono (plastiche, vernici, batterie); diventando un rifiuto tossico quando non lo si userà più. Basta ancora non pensare all’isolamento relazionale in cui tende a rinchiuderci tutti, rendendo sempre più improbabile una comunicazione viso a viso e, per molti giovani, anche la semplice abitudine ad esprimere le proprie opinioni (e persino i propri sentimenti) di persona. Basta ancora non pensare agli interessi economici che il business della telefonia cellulare muove, alle speculazioni monetarie che incoraggia, alle condizioni di sfruttamento ecologico e umano che pone in essere (alcuni dei materiali che compongono i telefonini vengono portati alla luce da profonde miniere nelle quali ancora oggi scendono e muoiono tantissime persone trattate come schiave). Basta poi non pensare ai programmi di sviluppo tecnologico di componentistica militare che il fenomeno della telefonia mobile alimenta, rendendo il controllo sociale sempre più invadente e le guerre maggiormente efferate. Insomma basta non pensare a tutte queste cose (e a tante altre ancora) perchè il nostro cellulare appaia “soltanto” come un qualcosa di molto utile. La civiltà (come il telefonino) impone un prezzo molto caro da pagare, e sebbene questo costo sia in genere
accuratamente occultato o sottostimato, esiste. Acquisirne la consapevolezza è già un passo decisivo sulla strada della sua valutazione di compatibilità.
 
Enrico Manicardi, Liberi dalla civiltà, pag. IV introduzione.
 

“Uno dei più brutti paradossi del ventunesimo secolo è che alcuni dei simboli più eleganti della modernità – come smartphone, laptop e fotocamere digitali – sono costruiti con minerali che sembra riforniscano le grandi uccisioni di massa e gli stupri in Congo. Vista la ressa di persone in attesa in fila negli ultimi giorni per acquistare l’ultimo modello dell’iPhone, ho pensato: che cosa potremmo fare per sfruttare questa fame per le nuove tecnologie e aiutare a contrastare le stragi nell’Africa centrale? Non mi sono mai occupato di una guerra peggiore di quella del Congo, e mi ossessiona. In Congo, ho visto donne mutilate, bambini forzati a mangiare la carne dei loro genitori, ragazze vittime di stupri e distrutte nel loro io. I signori della guerra finanziano parte delle loro scorribande attraverso la vendita di minerali grezzi contenenti tantalio, tungsteno, stagno e oro. Per esempio, il tantalio dal Congo viene utilizzato per costruire i condensatori che vengono utilizzati nei telefoni, nei computer e nelle console dei videogiochi.”
 
Nicholas Kristof sul New York Times
 
Gizmodo, uno dei siti di informazione su gadget e informatica più seguiti, propone una profonda revisione della distribuzione delle materie prime che certo non risolverebbe di colpo i problemi del Congo, ma potrebbe comunque avviare un nuovo corso nel settore. ComputerWorld è invece più pessimista: «Apple e gli altri produttori fanno affidamento sui loro fornitori per sapere se i minerali provengano o meno dal Congo. Credete davvero che i fornitori dicano la verità? Naturalmente non lo fanno».
 
 

“Nell’Africa centrale, e in particolare nella Repubblica Democratica del Congo, da diversi anni sono in corso dei combattimenti dovuti all’accaparramento di risorse quali il coltan, un minerale metallico termoresistente di fondamentale importanza nella produzione di telefoni cellulari, ma anche di computer portatili (come quello da cui sta scrivendo il sottoscritto!), e consolle”
 
 

Chi compra il coltan non si preoccupa della provenienza e se il mercato è clandestino e senza controlli. Quello che poteva essere una benedizione per i congolesi è diventata la più grande delle maledizioni, per la mancanza di normativa, di regolamentazione e di controllo in merito all’estrazione di questo minerale e alle sue modalità. Chi lo estrae, adulti ma anche bambini, lo fa spesso scavando a mani nude, con conseguenti frane e incidenti quotidiani. Ogni giorno decine di bambini muoiono. Non c’è un censimento e tanto meno un risarcimento. L’età dei bambini che vanno a lavorare si abbassa di anno in anno. Ragazzini di 7-8 anni dopo dieci anni di lavoro sono vecchi e sviluppano, a causa della radioattività, malattie del sistema linfatico che ne causano la morte. Le guerre sviluppate attorno all’accaparramento del coltan ha portato sinora circa 11 milioni di morti e schiere di migliaia di bambini soldato che quando non combattono scavano la terra alla ricerca del minerale. 
 
Jean-Léonard Touadi, congolese, giornalista, saggista, ex deputato e docente di Geografia dello Sviluppo in Africa, sottolinea le grandi novità di questa guerra: “È facile catalogarla come una guerra tribale, secondo categorie occidentali, rimandando a concetti noti di etnie e tribù locali che si contrappongono tra loro. Una guerra lontana, etnica, ‘roba loro’. In realtà siamo di fronte a ‘tribù’ moderne. I Signori della Guerra che dominano queste terre di nessuno sono estremamente modernizzati: hanno telefoni satellitari, connessioni con grandi banche occidentali e collegamenti con paradisi fiscali, dove i soldi vengono versati direttamente sui conti esteri (rapporti ufficiali dell’Onu hanno certificato questa triangolazione). Vi è un circolo vizioso tra materie prime che escono, fornitura delle armi e la guerra che continua perché nessuno ha interesse a fermarla”. 
[…]Conclude Touadi: “È un circuito consolidato e tutti trovano il loro tornaconto, compresi gli Stati vicini, visto che il commercio illegale passa per Kigali e Kampala. Bisogna che se ne parli, che chi legge i giornali si renda conto. E secondo me uno dei motivi per i quali la guerra non finisce è proprio questa. Ciò che mi scandalizza di più è il silenzio”.
 
 

La RDC oltre a oro, diamanti e minerali, estrae l’80% del coltan mondiale. Il coltan è una miscela di minerali largamente utilizzata nella produzione di telefoni cellulari e computer, e questo è il motivo principale per cui la RDC è di fatto colonizzata dalle multinazionali che pagano prezzi da fame, e spesso scambiando armi, per estrarre il coltan.
 
 

I soldi che le multinazionali spendono per estrarre il Coltan come sempre non servono per alimentare la popolazione, costruire scuole o ospedali, tutt’altro, servono a finanziare la guerra, comprare Armi, dar da mangiare ai soldati. 
Pochi sanno quali sono esattamente le società che comprano il Coltan, non è facile scoprirlo, perché ci sono decine di intermediari che passano dall’Europa, in particolare dal Belgio (si sospetta che anche l’ex compagnia aerea di bandiera belga la “Sabena” trasportasse illegalmente il minerale). 
Ma i principali fautori di questo che sta diventando un genocidio sono Nokia, Eriksson e Sony e non basta, ma sotto c’è anche un mercato nero del coltan che viene rubato dai guerriglieri e poi rivenduto attraverso altri mediatori ugandesi, rwuandesi, e spesso europei ed americani.
 
 

Per porre fine a queste stragi, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, il 29 novembre 2010, ha adottato la risoluzione 1952 (http://www.un.org/press/en/2010/sc10096.doc.htm) che richiama gli Stati membri a mettere in atto misure di diligenza ragionevole per conoscere l’origine dei minerali e assicurarsi che il ricavato di quelli importati non vada a beneficio di uomini armati, compresi i militari dell’esercito congolese.
Secondo quanto riporta un rapporto di Global Witness del luglio 2009 (https://www.globalwitness.org/sites/default/files/pdfs/report_en_final_0.pdf), i locali percepiscono appena 200 Franchi congolesi (0,18 euro) per ogni chilogrammo di coltan estratto. Sul mercato il prezzo attuale del coltan varia tra i 400 e i 600 dollari al Kg. In alcuni casi, specialmente in quelli in cui vengono impiegati bambini, la paga è giornaliera e comprende un pasto e 100 franchi congolesi (0,09 euro) al giorno.
Uno dei problemi maggiori dello sfruttamento di questo minerale è che contiene una parte di uranio, quindi è radioattivo e spesso viene estratto a mani nude dai minatori congolesi, tra i quali si sono registrati numerosi casi di tumore e impotenza sessuale.Senza contare che per nutrire questa massa di improvvisati minatori, i cacciatori stanno sterminando la fauna selvatica dei parchi nazionali della zona. In particolare, secondo una denuncia del Wwf, la fauna del Parco nazionale di Kahuzi-Biega e della riserva naturale di Okapi sarebbe a rischio di estinzione a causa dell’estrazione del coltan.
 
 

Lo sfruttamento del lavoro minorile nella produzione dei cellulari è un problema di livello mondiale. Il regista Frank Piasecki Poulsen testimonia questa piaga nel film documentario “Blood in the Mobile”.
 
TRAILER
 
Documentario
 

“I piaceri della società attuale danno origine a diversi gradi di euforia, ma non conducono alla gioia. Anzi, la mancanza di gioia rende necessaria la ricerca di piaceri sempre più nuovi, sempre più eccitanti.”
Erich Fromm