Essere donna non è una festa

Una riflessione che forse può valere più di un rametto di mimosa.

In questo momento storico avverto la pericolosa sensazione che tutto si stia capovolgendo. La situazione culturale e socio/politica è talmente compromessa che credo si stiano mettendo in discussione anche dei principi cardine che faticosamente ci siamo guadagnati nel corso della storia, uscendo dalla palude morale in cui ci avevano affossato.

Certamente esistono alcuni principi e regole sociali che ci vengono venduti come innegabili e imprescindibili, quasi sacri, quando in effetti non lo sono affatto o non rappresentano (più) ciò che dichiarano di rappresentare, spesso proprio perché in realtà vengono usati per lo scopo opposto. La democrazia ad esempio. Sulla base di questo principio sociale irrinunciabile e indiscutibile, si è costruita una macchina politico/istituzionale che tutto rappresenta fuorché la “démos cràtos” cioè il potere del popolo.

Al di là di questo, però, sono convinto che esistano davvero dei solidi principi che dovrebbero essere intoccabili a prescindere da quanto possano venire sporcati da propagande politiche e manipolazioni lobbistiche.
Tra questi principi mi sento di citare l’antirazzismo, l’antispecismo, la non violenza e… il femminismo.

Per femminismo non intendo certo il voler dimostrare una superiorità della donna sull’uomo, né sancire il fatto che non debbano più esistere le casalinghe, non intendo neanche che le donne dovrebbero comportarsi da uomini, sostenere le quote rosa, inventarsi reati come il femminicidio o altre sciocchezze simili. Queste sono appunto mistificazioni e manipolazioni di parte.
Il vero concetto di femminismo dovrebbe essere solo uno: ripristinare l’autodeterminazione di quella categoria di persone che è stata schiacciata, soggiogata, considerata inferiore e relegata a specifici ruoli per centinaia e centinaia di anni. Punto.
Questo non si otterrà mai cercando di ridefinire il ruolo della donna nella società (perché appunto sarebbe solo un’altra imposizione), figuriamoci attraverso delle leggi (magari scritte anche male). 
L’unico modo, ripeto, è quello di agire culturalmente, demolendo l’immagine sessista e discriminante della donna che gli uomini e, sì, anche le donne hanno dipinto con una tale metodicità, intransigenza e violenza che le donne hanno finito per crederci e continuano a farlo tutt’ora

Per quanto molti pensino che questo sia un argomento logoro e superato, i lasciti della tragedia socio/culturale sofferta nella storia dalla donna, sono lungi dall’essere solo un ricordo. Ciò che le donne hanno subito è storia recente e continua ad avere una fortissima impronta sull’autodeterminazione femminile.
La tragedia di questa situazione probabilmente sfugge, non viene compresa o viene sminuita dalla maggior parte delle persone, soprattutto da quelli che non hanno mai fatto parte di una minoranza, non si sono mai visti negare dei diritti senza un vero motivo se non il fare parte di quella minoranza, non si sono mai sentiti i deboli, i fragili, quelli zittiti, messi da parte o repressi quando non hanno soddisfatto le aspettative altrui. Mentre questa è la tragedia quotidiana di tutte le minoranze, anche delle donne.

Immaginatevi un uomo bianco europeo benestante sulla 40ina che, mentre sorseggia il suo apericena da 20€, si lamenta infastidito dell’ennesima protesta di persone di colore, o magari di disoccupati, di malati, di pacifisti ecc. Perché non è mai stato costretto dagli eventi a lasciare il suo paese rischiando la vita mollando tutto alle spalle, non si è mai trovato senza lavoro, mai in bisogno di cure che non gli venivano somministrate o mai ha pianto per un figlio perso in guerra. Stessa cosa avviene per la condizione femminile: la mancanza di empatia e di comprensione dell’altrui dolore è anche questa una tragedia all’interno delle tragedie.

Chiudo l’articolo con questi poster creati tra 1890 e il 1900 che avvertivano gli uomini dei pericoli inerenti il dare il voto alle donne.
Noterete che, anche in questo caso, le argomentazioni di chi vuole impedire a delle minoranze l’ottenimento di diritti negati, mantenendo lo status quo e il sopruso su una certa classe di individui, si basano sul far spaventare l’opinione pubblica, cercando di far passare l’idea che da questa concessione di diritti ne deriverà una diminuzione per tutti gli altri, o la completa inversione dei ruoli tra chi subisce il sopruso e chi lo esercita, se non addirittura una vera e propria catastrofe sociale. In questo rivediamo esattamente gli stessi meccanismi di chi voleva negare la libertà agli schiavi e l’equiparazione dei diritti dei neri rispetto ai bianchi e così via.
Mettendo le categorie in condizione di ingiustificato antagonismo, il potere si è sempre garantito un vantaggio incolmabile, indispensabile per governare le masse a piacimento.
Ricordiamoci che il voto alle donne, in italia, è stato garantito solo nel ’46. In paesi molto vicino a noi, come la Svizzera è stato garantito solo nel ’71 e in Portogallo nel ’76, senza contare i paesi in cui le donne non possono ancora votare, uno di questi molto molto vicino: il Vaticano.
Più sotto una conferenza del ’99 di Jean Kilbourne, autrice di “Killing us softly”, una serie di documentari sullo sfruttamento dell’immagine femminile.


 

In questo poster si fa chiaramente intendere che una donna che ama il marito non vota.
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Il poster avverte gli uomini di come andrà a finire la gestione della casa se le donne avranno il voto. Notare che queste vengono chiamate “suffragettes”, un termine usato per ridicolizzarle.42

Il voto alle donne le renderà aggressive e domineranno l’uomo.52

“Le ragazze che non ho sposato”. Ovviamente la donna è vista come essere inutile se non nel ruolo di moglie. Se voteranno diventeranno una cricca anti-uomo.
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Ancora l’uomo sottoposto all’umiliazione di fare il lavoro della donna. 72

“Nessuno mi ama, credo che diventerò una donna che vota.”82

Donne che fumano e giocano a carte mentre l’uomo umiliato a fare il “lavoro della donna”.93

Donne votanti sul cammino di guerra: “saltategli addosso, è solo un uomo!”102

Durante le manifestazioni per il diritto di voto alle donne, alcune di quelle arrestate iniziarono uno sciopero della fame e furono perciò alimentate forzatamente causandone, in alcuni casi, anche la morte.
Questa vignetta se ne prende gioco.
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Il voto alle donne farà soffrire i loro figli.142

“Quello che farei alle donne che votano” dice questo poster. Un riferimento anche alle torture medievali subite proprio dalle donne accusate di stregoneria.152

“Preferirei baciarla che sentire cos’ha da dire”. Figuriamoci se una donna può avere qualcosa di interessante da dire. Preferiamo usarla per il piacere.162

 

 

“Killing us softly” La donna e l’immagine che ne dà la pubblicità. (In Inglese)