Nassiriya: facciamo un esercizio di memoria.



In un clima di terrore generato più dai mass media che dai terroristi stessi, in un clima in cui da tutte le parti ci dicono che c’è da avere paura piuttosto che analizzare da dove nasca e perché esista il terrorismo, la spinta è, naturalmente, verso il richiedere protezione. A chi la chiediamo? Allo stato e alle forze militari ovviamente. Cioè alle stesse forze che hanno fatto nascere il terrorismo grazie alle loro politiche estere corrotte, colonialiste e guerrafondaie, decise da uomini in cravatta e portate a termine da uomini in divisa.

Chi arriva a sfiorare questo ragionamento, tra un brivido di paura e l’altro, subisce automaticamente il pressing di giornalisti in tv e amici al bar che non vogliono sentire parlare di “dietrologie” né di “complotti”, ma solo di passaporti a prova di bomba e di nuove interessantissime forme di controllo come il face scanner.

Giusto ieri, a “In Mezz’ora“, trasmissione di approfondimento condotta da Lucia Annunziata, un ospite ha tirato fuori l’argomento “chi vende armi ai terroristi?“. Un argomento centrale assieme a quello del “chi li finanzia?”, visto che senza armi e senza l’appoggio finanziario sarebbe impossibile un coordinamento logistico internazionale dei terroristi. All’affacciarsi di questo argomento la giornalista sull’attenti che fino a quel momento aveva chiesto più volte se gli ospiti avessero paura, ha cercato di zittire l’ospite con un “ancora con ‘sta storia delle armi“. Giusto per far capire il livello.

Anche chi timidamente riesce a sottrarsi a questa Gestapo della paura, al limite riesce ad individuare il “vero” colpevole nella politica estera degli Stati Uniti. Purtroppo sono invece molti i paesi coinvolti nella distruzione e saccheggio indiscriminato del Medio Oriente (lasciando da parte quello dell’Africa e del terzo mondo in generale) e nella vendita di armi ai terroristi al pari degli Stati Uniti. E tra questi c’è anche l’Italia in prima fila.

In questo articolo vorrei ricordare appunto, a mero titolo di esempio, Nassiriya, la missione italiana in Iraq iniziata nel 2003.
Ancora oggi questa missione viene ricordata solo per l’attentato subito dai militari e viene ancora chiamata “missione di pace”.

Per prima cosa i conflitti in Iraq (sia la prima Guerra del Golfo nel ’91 che la seconda nel 2003) sono stati basati su prove fasulle.  Nel primo caso ricordiamo la testimonianza di una falsa infermiera e la produzione di foto satellitari taroccate, nel secondo le famose armi di distruzione di massa mai ritrovate, “errori” per i quali nessuno ha mai pagato se non gli stimati 500 mila bambini morti in 8 anni di embargo o le sicuramente sottostimate decine di migliaia di vittime civili del secondo conflitto, senza contare chi ha perso casa, chi ha perso la famiglia, senza contare torture e soprusi ben documentati e inerenti ad ogni guerra.

L’intento pubblicizzato di quella guerra era di “disarmare l’Iraq, liberare i suoi abitanti e difendere il mondo da un serio pericolo”. Peccato che non ci fossero armi di distruzione di massa per le quali disarmare qualcuno e, per quanto riguarda il “pericolo”, lo stesso Tony Blair ha poi chiesto scusa ammettendo che quella guerra ha favorito la nascita dell’Isis.

Ma per lo meno, l’impegno militare italiano era genuinamente per mantenere la pace, no? No!

I militari Italiani erano in quel preciso punto dell’Iraq per tutt’altro scopo rispetto al “peacekeeping”. A dimostrarlo è uno studio commissionato dal Ministero per le Attività Produttive (ben sei mesi prima dello scoppio della guerra) al professor Giuseppe Cassano, docente di statistica economica all’università di Teramo. Un dossier intitolato “Iraq: le opportunità del dopo Saddam” nel quale si conferma che in caso di guerra non dovevamo lasciarci scappare l’occasione di installare una base a Nassiriya, “se non vogliamo perdere – scrive Cassano – un affare di 300 miliardi di dollari“.
Come riferito dal Sole 24 Ore, una delegazione dell’Eni si reca a Nassiriya a bordo di un aereo militare italiano addirittura prima dell’arrivo delle truppe.
La realtà è che i militari italiani erano lì per sorvegliare oleodotti e scortare barili di petrolio per conto dell’Eni. E la strage di Nassiriya, come ha scritto il corrispondente del Sole24 Ore Claudio Gatti all’indomani dell’attentato (citando fonti della CIA), non era diretta contro il nostro contingente militare, ma contro l’Eni. (link)

Oltre alla difesa di meri interessi economici, abbiamo anche comprovate notizie di torture perpetrate dai militari italiani ai danni dei prigionieri interrogati. (link)
Prigionieri torturati, con la testa incappucciata e le mani legate con fascette da elettricista che venivano sistematicamente malmenati in un crescendo di violenze, passando da una camera alla successiva finché non parlavano.

A questo dobbiamo aggiungere il grande business da miliardi di Euro che il nostro paese ricava dalla vendita di armi (today.it: Sempre più armi italiane vendute ai paesi in guerra – repubblica.it: l’affare delle armi all’ISIS, l’Italia c’è) e dalla ricostruzione dei paesi distrutti (link).

Non esistono guerre giuste, la storia lo insegna. Mi dispiace per chi crede ancora alla geopolitica snocciolata su TG e giornali, come se si stesse parlando di fantacalcio. Mi dispiace per chi crede ci sia sempre una divisione netta fra buoni e cattivi e abbia rinunciato ad analizzare il perché delle guerre. Buttiamo via tutto e rendiamoci conto che esiste solo un’unica guerra: quella contro di noi. Quella che ci vuole trasformare in consumatori controllati, consumatori di risorse altrui strappate con la forza e con l’inganno da paesi stranieri, ci vuole controllati con la scusa di un terrorismo a volte inventato con operazioni di false flag, a volte semplicemente creato come danno collaterale di politiche azzardate e di quegli stessi saccheggi oltreconfine che ovviamente fomentano rabbia e disperazione di popolazioni destabilizzate a livello culturale e politico dalle guerre stesse.

Così come negli USA il Patriot Act dopo i fatti dell’11 Settembre ha spazzato via i diritti fondamentali dell’uomo guadagnati in anni di lotte civili, con la scusa di colpire il terrorismo ha poi solamente ridotto le libertà individuali e causato più terrorismo, così in Europa stiamo assistendo allo stesso copione. Non a caso il premier Renzi (terzo presidente del Consiglio non eletto) ha recentemente dichiarato all’Italian Digital Day che bisogna aumentare i controlli, spingere per il riconoscimento facciale, unire le banche dati digitali e fare in modo che ogni telecamera sia a disposizione della forza pubblica. Quando capisci che le radici del terrorismo sono altrove e che questo potrebbe essere disinnescato con politiche differenti, è ovvio che questi “controlli” non sarebbero necessari se non nell’ottica dell’ottenere il controllo stesso, totale e capillare, dei propri cittadini.

I giornali raccontano che la Francia sta riscoprendo il nazionalismo e vengono vendute bandiere ovunque. Da tutte le parti si parla di paura, si auspica il controllo e l’intervento militare perché si fermino i cattivi. Le persone che vogliono la pace e che cercano risposte alternative vengono chiamate  “buonisti” e accusati di non avere a cuore il proprio Paese.

Come disse Hermann Göring (1893 – 1946), politico e militare tedesco durante il periodo Nazista, “Naturalmente, la gente comune non vuole la guerra […] Questo è ben chiaro. Ma, dopo tutto, sono i capi della nazione a determinarne la politica, ed è sempre piuttosto semplice trascinare la gente dove si vuole, sia all’interno di una democrazia, che in una dittatura fascista o in un parlamento o in una dittatura comunista. […] La gente può sempre essere condotta ad ubbidire ai capi. È facile. Si deve solo dirgli che sono attaccati e accusare i pacifisti di mancanza di patriottismo e di esporre il paese al pericolo. Funziona allo stesso modo in qualunque paese.

La storia si ripete.
Non esistono paesi, esistono solo colonie finanziarie. Le guerre non sono mai prove di forza tra buoni e cattivi, sono solo ridefinizioni di confini di potere. Non ci sarà mai fine alla guerra, al terrorismo, alle morti inutili, alla distruzione se continueremo a far agire questi criminali in nostro nome.